OBIETTIVO n. 2

Sviluppo di una metodologia per l’inserimento della Rete Ecologica nella normativa regionale e criteri di valutazione dell’occlusione ecosistemica delle infrastrutture.

Analisi del recepimento delle Reti Ecologiche all’interno delle Leggi Regionali delle altre Regioni italiane, con particolare riferimento a Regione Umbria e Marche con le quali il gruppo di ricerca proponente ha avuto collaborazioni proficue riguardo tali tematiche.


Le Reti Ecologiche Regionali

Le Reti Ecologiche (RE) si sono affermate in Europa come tema centrale delle politiche ambientali all’interno del più ampio dibattito relativo alla conservazione della natura, ed hanno portato ad una nuova concezione delle politiche conservative, passando dal concetto di conservazione di specifiche aree protette a quello di conservazione dell’intera struttura degli ecosistemi presenti nel territorio. ​

Dalla ricognizione degli strumenti normativi delle regioni italiane è emerso che le stesse hanno implementato, a differenti livelli, modelli di RE con tempi e modalità estremamente differenti tra loro. In generale sono state diverse le regioni che hanno recepito la RE all’interno del Piano Paesaggistico Regionale (PPR), come nel caso del Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna. Altre regioni, come la Lombardia, il Veneto e la Campania, hanno inserito la RE all’interno del Piano Territoriale Regionale (PTR). L’Umbria, diversamente, ha recepito la RE con Leggi Regionali (LR) e con il Testo Unico per il Governo del Territorio. La Valle d’Aosta, la Provincia Autonoma di Trento, l’Emilia Romagna e il Lazio hanno invece individuato la RE nelle LR per le aree naturali protette. Infine ci sono state regioni, come le Marche e la Liguria, che hanno varato LR apposite. La prima iniziativa in campo normativo c’è stata negli anni ’80, con la LR n.86 del 1983 della Lombardia, fino ad arrivare alle ultime iniziative, tra le quali c’è il PTRC 2020 del Veneto. Il quadro sinottico delinea una sostanziale autonomia delle regioni nella scelta dei dispositivi normativi per l’attuazione delle RE Regionali (RER), un atteggiamento consolidato in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica.

Quadro sinottico degli strumenti normativi per l’istituzione della Rete Ecologica nelle regioni italiane.

Il caso umbro è forse l’unica esperienza a livello nazionale attraverso la quale sono state attuate azioni coordinate e codificate tra tutela della biodiversità e governance territoriale. Nella maggior parte dei casi è impossibile rintracciare nelle strutture legislative regionali approcci interdisciplinari che prendano in considerazione gli aspetti legati alle pressioni e alle minacce dovute alle trasformazioni insediative, in particolare nella definizione di efficienza della RE.

Figura 2. Strumenti normativi utilizzati dalla Regioni italiane per il recepimento delle reti ecologiche.

Oltre ad una differente attività legislativa sul tema RE, diverse regioni hanno avviato progetti specifici, anche su bandi competitivi e di interesse internazionale, sulle reti ecologiche e più in generale sulla connettività ecologica.

Progetti nazionali ed internazionali relativi alle reti ecologiche.

Tra i più utilizzati c’è il programma LIFE dell’Unione Europea, dedicato alla tutela dell’ambiente e all’azione per il clima. Il suo obiettivo generale è quello di contribuire all’implementazione, all’aggiornamento e allo sviluppo della politica e della legislazione ambientali dell’UE attraverso il co-finanziamento di progetti di valore e rilevanza comunitari. Il programma LIFE è mirato alla protezione dell’ambiente, intesa come habitat, specie e biodiversità, come utilizzo efficiente e sostenibile delle risorse naturali, protezione ambientale e governance ambientale a salvaguardia della salute, lotta alle emissioni inquinanti e al cambiamento climatico, miglioramento delle politiche, della governance e introduzione di sistemi più efficaci in ambito ambientale. Il programma LIFE è stato istituito nel 1992 e ci sono state diverse fasi di finanziamento: LIFE I 1992-1995, LIFE II 1996-1999, LIFE III 2000-2006, LIFE+ 2007-2013, LIFE 2014-2020. Numerosi sono stati i progetti volti alla realizzazione delle reti ecologiche o al mantenimento della connettività ecologica in generale. Alcuni progetti hanno un carattere transfrontaliero ed interessano pertanto il territorio di più Paesi, come ad esempio il progetto PITEM Biodiv’ALP e l’Econnect Project. Altre esperienze in tale ambito individuano la RE ad un livello regionale o provinciale, come nel caso del progetto Life T.E.N. per la RE del Trentino e i progetti per le RE delle provincie di Novara e di Vercelli in Piemonte. Altri ancora sono indirizzati alla gestione delle aree della Rete Natura 2000, come i progetti Life GESTIRE e Life IP GESTIRE 2020 della Lombardia, il SUN Life e il Life IMAGINE in Umbria (2020). Di notevole interesse e sicuramente innovativi sono i LIFE che hanno come obiettivo lo studio dell’interazione tra RE e le infrastrutture stradali: tra questi si ricordano il Life Strade e il Life Safe Crossing e Life Stream.
Un supporto fondamentale alla realizzazione e allo sviluppo delle RE deriva dai Programmi Operativi Regionali (POR FESR). Fino ad oggi ci sono state tre fasi di finanziamento, ovvero i POR 2000-2006, i POR 2007-2013 e i POR 2014-2020.

Figura 4. Infografica sulle misure e azioni previste dai Programmi Operativi Regionali relative alla rete.

La Rete Ecologica efficace per la Regione Abruzzo – I profili di occlusione ecosistemica delle infrastrutture

Per la definizione della RER dell’Abruzzo è necessario partire dunque da un approccio che individui le principali barriere presenti sul territorio e i potenziali varchi ecologici che possono garantire una connettività tra gli ecosistemi. Le barriere ecologiche sono rappresentate fondamentalmente dalle infrastrutture viarie e dall’urbanizzato. Tra le infrastrutture stradali le autostrade svolgono un importante ruolo di barriere fisiche: esse sono costituite da più corsie e quindi caratterizzate da una sezione ampia, presentano dei margini stradali solitamente recintati e hanno dei flussi di traffico elevati e una velocità di percorrenza sostenuta. Un nuovo modello di rete non può prescindere dalla conoscenza specifica e dettagliata dei maggiori driver di trasformazione territoriale che producono e alimentano la frammentazione ambientale. Ciò implica la necessità di una visione trasversale del problema e il coinvolgimento di diversi settori scientifici, tra i quali le scienze biologiche, quelle ambientali e la pianificazione territoriale ed urbanistica. Per tale motivo un altro aspetto fondamentale è quello di estendere le funzioni della rete al di là delle competenze territoriali delle aree protette e dei grandi Parchi, dove di fatto le politiche di conservazione trovano ampia applicazione. Il problema reale si localizza attualmente in quelle porzioni di territorio interstiziali a tali aree, nella matrice d’azione principale dell’uomo e che segue regole di trasformazione dettate dal mosaico della pianificazione locale.

In alto le mappe con l’ individuazione delle barriere infrastrutturali principali; in basso immagini di viadotti.

La definizione della struttura di base della Rete Ecologica Efficace (REE) per la Regione Abruzzo, quindi, deve necessariamente basarsi sulla ricognizione delle grandi infrastrutture viarie, quali autostrade e ferrovie, Barriera Infrastrutturale Principale (BIP), e del mosaico della pianificazione locale Planning Tool Mosaic (PTM). Nella casistica tipologica dei livelli di frammentazione associabili a diverse categorie di viabilità, la S.S. 83 Marsicana, nel tratto compreso tra Pescasseroli e Villetta Barrea, tutto interno al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, rappresenta uno dei gradi più bassi in termini di ostacolo fisico alla pervietà faunistica trasversale. Infatti la linea stradale presenta una sezione “a raso” per il 90% del proprio percorso di 12 km con solo poco più di 1 km discontinuo di scarpate laterali di altezza significativa (> 3.00 m). I contenimenti murari e le recinzioni, che pure incidono per il 42% lungo il tracciato, sono formati da strutture basse, precarie o comunque discontinue che non possono considerarsi occlusive nel senso letterale del termine.

Rivalutazione delle Barriera infrastrutturale principale nell’area di studio.

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